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NUOVE MISURE CONTRO INFLAZIONE E SPECULAZIONE

La parlamentare e Membro della X Commissione Attività produttive, Commercio e Turismo Emma Pavanelli sottolinea la necessità di interventi strutturali contro il carovita e di aiuti concreti alle imprese della filiera Horeca, da attuare anche attraverso specifiche misure normative

Nell’intervista all’Onorevole Emma Pavanelli (foto qui a destra) si delineano i nuovi scenari che andranno a interessare il comparto distributivo e gli interventi necessari per evitare una nuova impennata dei prezzi derivante, spesso, da manovre speculative. Fino a questo momento il comparto della distribuzione Horeca è stato, infatti, in grado di resistere e di esorcizzare la ricaduta sul consumatore dell’incremento dei prezzi dei prodotti alimentari distribuiti, a differenza di quanto è accaduto nella GDO. Di recente, però, è stata resa nota la notizia che nei primi 10 giorni del 2023 i produttori di beni alimentari hanno chiesto 434 aumenti di listino, praticamente un quarto di quelli registrati in tutto il 2022.

Nella spirale inflazionistica in atto che ruolo ha la speculazione di alcuni settori? E in che modo si potrebbe evitare che tutto questo ricada sui consumatori?

Da sempre evidenziamo la necessità di interventi strutturali contro il carovita. Non si può più andare avanti con degli aiuti centellinati di durata trimestrale, come ha fatto questo governo nell’ultima legge di bilancio con riferimento al caro energia, che tolgono ogni certezza alle imprese, frenando gli investimenti. Talvolta si tende a dimenticare che gli aiuti concreti alle imprese si traducono anche in aiuti ai consumatori a valle. Parimenti, occorre battersi anche a livello comunitario per un sistema di protezione della produzione interna. Collegato alle esigenze del settore c’è anche il tema dei materiali necessari per il packaging: la scarsità di materie prime dovrebbe spingere a incentivare le materie prime e seconde del settore riciclo. Un obiettivo che avevo già sollecitato nella precedente legislatura tramite corrispondenza, prospettando il rischio che oggi purtroppo è diventato concreto.

Considerando l’impennata inflattiva delle ultime settimane, il rischio di ulteriore erosione del potere di acquisto delle famiglie è particolarmente elevato. I singoli attori della filiera Horeca non possono fare molto da soli e non possono più assorbire gli oneri delle dinamiche inflattive. Unica soluzione è un tavolo di concertazione, da almeno 2 anni auspicato e richiesto dalla nostra Associazione, che veda seduti Industria, Distribuzione e rappresentanti degli esercizi Horeca. Che ruolo dovrebbe avere il Governo in questa dinamica di confronto e di eventuale redistribuzione degli oneri?

Sicuramente bisogna insistere per un tavolo che coinvolga i ministeri competenti e tutta la filiera alimentare, non solo quella afferente alla grande distribuzione, ma anche Horeca e altri soggetti interessati. Raccolgo l’appello e mi farò promotrice di questa istanza.

Nell’ultimo anno è stato registrato un preoccupante incremento delle chiusure degli esercizi Horeca, con circa 17mila unità in meno in un anno, con ricadute anche sulle potenzialità economiche dei distributori Horeca. Malgrado gli ottimi risultati raggiunti nel post-Covid, e in particolare durante l’estate 2022, l’autunno di rincari energetici, la speculazione sui prezzi dei prodotti e l’incremento dei prezzi delle materie prime ha costretto molti esercenti a chiudere. In questo scenario un ruolo determinante è stato svolto anche dalle difficoltà di reclutamento del personale e dalla concorrenza a volte sleale svolta dalle formule alternative di ristorazione, tra take away e piattaforme di intermediazione digitale. Che tipo di soluzione potrebbe essere percorribile segnatamente sul fronte della regolamentazione delle attività al fine di porre tutti gli esercizi sullo stesso livello?

Il lavoro è un tema da sempre centrale nell’agenda politica del Movimento 5 Stelle che dovrebbe essere anche una priorità per qualsiasi esecutivo. Dobbiamo renderci conto che il tema centrale non è più soltanto la carenza di domanda, quanto la drastica riduzione di offerta di lavoro. Si tratta di un fenomeno che richiede interventi normativi specifici, volti a rendere conveniente il lavoro riducendone il costo e incrementando le tutele. Al contempo occorre puntare sulla formazione di giovani e meno giovani. Solo in questo modo possiamo riuscire a farci trovare pronti in un mercato sempre più globale e condizionato dall’evoluzione tecnologica.

Le recenti iniziative del Governo si sono orientate, non senza qualche polemica, verso la reintroduzione della quota piena delle accise. Ritiene che tale postura possa criticizzare lo scenario già complesso, soprattutto per la categoria della distribuzione, che a questo punto sconterà una parte dell’incremento dei costi dei carburanti?

Assolutamente si. Proprio per conseguire questo obiettivo ci siamo battuti strenuamente in Parlamento, ma il Governo non ha inteso ascoltarci. Purtroppo questo esecutivo in pochi mesi ha già dimostrato di non tenere conto delle promesse elettorali palesando un preoccupante scollamento dalla realtà. Eppure si tratta delle stesse persone che un mese fa, dai banchi parlamentari, urlavano di essere vicini alle imprese. Una proposta specifica, di cui vorrei farmi promotore con riferimento alle imprese Horeca, potrebbe riguardare anche un aiuto economico per consentire di investire su furgoncini elettrici e quindi di abbattere i costi degli spostamenti.

Anche il settore della distribuzione Horeca sta affrontando il problema del reclutamento del personale, in particolare quello addetto alla guida dei mezzi di distribuzione. Spesso poi i lavoratori reclutati non sono in possesso delle autorizzazioni necessarie per poter operare. Facciamo riferimento in particolare alla difficoltà di conseguire la patente C e la Carta di Qualificazione del Conducente (CQC), in ragione dei costi e dei tempi necessari per conseguirle. Su questo fronte appare urgente avviare una razionalizzazione che consenta sia di agevolare il conseguimento di abilitazioni per conducenti che trasportano merci, riducendone gli oneri in capo agli stessi e alle aziende, sia di elevare il tonnellaggio dei veicoli per i quali è richiesta ancora la patente B. Come ritiene possa es-sere superato questo problema?

Ritengo che a tal fine si possa agire in una duplice direzione, da un lato riducendo gli oneri amministrativi ed economici a carico di chi intende conseguire questi attestati necessari per potere lavorare; perché è davvero inammissibile che tali oneri diventino un freno al lavoro e quindi all’occupazione. Dall’altro lato occorre adoperarsi per una complessiva rivalutazione dei presupposti dei titoli abilitativi guardando anche agli altri Paesi europei, se non vogliamo che le nostre imprese ne subiscano le conseguenze a livello di competitività.

La nostra Associazione, fin dalle prime battute di questa legislatura, ha posto l’accento sulla priorità che questo Governo dovrebbe dare alla riduzione del cuneo fiscale a favore di imprese e dipendenti, oltre quanto sancito negli ultimi provvedimenti, nella prospettiva di operare un ridimensionamento della pressione fiscale sulle retribuzioni che rappresenta un impegno inderogabile in questa fase storica per controbilanciare la spirale inflazionistica e tutelare il potere di acquisto dei lavoratori. Ritiene possa essere percorribile un ulteriore intervento sul cuneo fiscale con una riduzione concreta che si collochi intorno al 15%?

È stato proprio il Movimento 5 Stelle ad avere conseguito un’incisiva riduzione del cuneo fiscale durante il Governo Conte-bis e precisamente con la Manovra per il 2020. Pertanto non possiamo che essere favorevoli a un’ulteriore riduzione del costo del lavoro, accompagnata anche da un salario minimo orario in favore dei lavoratori.

Uno dei principali problemi in capo alle nostre aziende resta la crisi di liquidità: le misure previste negli anni scorsi nella fase pandemica acuta, come la moratoria prestiti mutui e la disciplina dei prestiti garantiti dallo Stato, non sono state prorogate né rimodulate. Quali iniziative ritiene che potrebbero trovare spazio nei prossimi provvedimenti al fine di dare un po’ di ossigeno alle imprese italiane?

Si potrebbe partire proprio ripristinando tutte quelle misure che hanno funzionato durante il periodo pandemico e che molte imprese continuano a richiedere. Dobbiamo renderci conto che per molte delle nostre imprese il periodo acuto della crisi non è mai finito e che quindi nulla giustifica una drastica riduzione delle tutele economiche in loro favore. L’assenza di coperture economiche non può essere una giustificazione. Nel 2020 non esisteva né il Recovery Plan, né il PNRR, che sono stati frutto di un impegno europeo promosso proprio dall’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Probabilmente, i suoi successori non hanno avuto abbastanza coraggio per chiedere all’Europa altri interventi economici straordinari per aiutare cittadini, imprese e lavoratori a superare una crisi senza precedenti.

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