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DAL PUNTO DI VISTA DEL DISTRIBUTORE

Nella foto di copertina: Andrea Onesti, titolare di OnestiGroup

Nell’intervista di Edoardo Solei ad Andrea Onesti, titolare della OnestiGroup, leader della distribuzione beverage in Italia, si fa il punto sulla situazione attuale a livello di categoria

Oggi conosciamo il punto di vista sulla situazione di OnestiGroup, uno dei più importanti player di forniture ai distributori di tutta Italia, particolarmente nel settore Beverage, nonché un associato della Rete Distribuzione Horeca Italia. Nell’intervista di Edoardo Solei, Andrea Onesti, titolare del gruppo, ci spiega come è cambiato il lavoro e quali sono stati, o sono ancora oggi, i principali ostacoli o le difficoltà nello svolgimento della professione.

Partirei chiedendoti una breve storia dell’Azienda, da quando è nata in poi.

«L’azienda, fondata nel 1986 da mio padre Emilio Onesti, a tutt’oggi presidente di OnestiGroup, nasce come piccolo grossista beverage a livello provinciale. Nel giro di pochi anni, a seguito anche del mio ingresso nella società (avvenuto nel 1990), ha iniziato a servire anche altri distributori più piccoli, divenendo così la piattaforma per medi e piccoli grossisti che corrispondono agli attuali consorziati dei vari gruppi della Rete Distributori Horeca. Da lì, abbiamo iniziato un percorso di crescita: all’inizio avevamo in catalogo solo prodotti spirits, non avevamo né vino, né birra, né bevande. Con il passare degli anni, abbiamo allargato l’assortimento, come pure la rete di copertura nazionale, tanto che nel 2008 siamo arrivati a coprire tutta l’Italia e ci siamo sempre più focalizzati all’ingrosso. Accanto a questo progetto di ampliamento è nata, nello stesso periodo, l’idea di creare un catalogo con una selezione di prodotti in esclusiva. Quindi l’ampliamento della rete a livello nazionale tramite gli agenti aveva anche l’obiettivo di fare da leva per i nostri prodotti e spingerli sul mercato. Questo percorso è andato avanti e oggi l’azienda risulta focalizzata su due tipologie di business: da una parte i prodotti dell’industria italiana ed estera per i distributori che necessitano di rifornimenti costanti, con periodicità settimanale, e dall’altra il progetto business prodotti in esclusiva, che, da circa 6 anni a questa parte, ci ha consentito di aumentare la distribuzione nazionale. Anche sull’altro comparto, che resta comunque la colonna portante dell’azienda, siamo andati avanti: oggi c’è una grande attenzione all’allargamento dell’assortimento e ci sono tantissimi prodotti, che non c’erano fino a 7 anni fa. E anche in questo caso il nostro servizio verso i distributori sta cambiando, perché la polverizzazione è tanta e le rotazioni per singolo brand si riducono e quindi c’è sempre più bisogno di una piattaforma presso la quale concentrare gli acquisti che, parlando di distributori, oggi è un po’ la nostra missione per quanto riguarda i prodotti che non sono nostri. Mentre sui clienti Horeca procediamo con prodotti nostri e cerchiamo di lavorare affiancandoli, spingendo il brand sul mercato e creando la richiesta. E i risultati ottenuti si evidenziano nel fatturato, tant’è che abbiamo chiuso l’anno scorso a circa 90 milioni di euro».

Come riesci a conciliare il tuo lavoro di supporto distributivo interagendo con le aziende?

«In tutta sincerità, non si riesce a interagire molto bene. Ci abbiamo provato, proponendoci alle aziende come un partner a completamento nel mercato della distribuzione che loro stessi non potevano fare in modo capillare. Nonostante ci ponessimo come tramite tra il produttore e i clienti più piccoli, come un “braccio esteso” dell’industria, di cui il mercato ha mostrato di avere bisogno – altrimenti non esisteremmo – abbiamo trovato comunque grandi difficoltà nel far capire il nostro ruolo… Perciò, se i produttori servono i clienti principali che fanno il business, per fare sì che il prodotto si possa trovare dappertutto, è necessario avere altri player nella catena distributiva questo è il nostro ruolo. Il dialogo, purtroppo, si è fermato perché a oggi, a fronte del rinnovo di questa proposta, l’industria dice di sì ma concretamente poi non si riesce ad avanzare, anche nel nuovo scenario di mercato, molto diverso da quello precedente al Covid. Noi abbiamo la nostra visione ben chiara su dove stiamo andando: il nostro ruolo nel mercato, come quello dei nostri competitor, è un ruolo che siamo convinti che sarà sempre più determinante perché lo scenario, quando è competitivo, frazionato e così complesso, richiede la presenza di tanti attori, non può fare tutto uno da solo».

Quali sono i vostri prodotti in esclusiva e cosa rappresentano per voi in termini di qualità di servizio e di completamento della gamma?

«Per quanto riguarda i nostri prodotti in esclusiva, abbiamo molti brand tra spirits, vino e bevande, più un catalogo vino con una ventina di cantine. Tra questi brand, fiore all’occhiello, Alpestre, di proprietà di OnestiGroup, che nel 2022 amplia la gamma con l’amaro Hermite, ottimo digestivo apprezzato dai cultori del “buon bere”. Per noi rappresentano un modo per costruire qualcosa di nuovo e offrire ai nostri clienti una selezione di prodotti pensata e tagliata per i trend più attuali. Questo si fonde quindi bene con l’altro business, cioè quello del grossista tradizionale, con prodotti di servizio e un assortimento un po’ più generalista, costituito da grandi marchi a cui si aggiunge la nostra selezione, con qualche chicca che inizia a essere ben conosciuta nel mercato, come ad esempio Gin Bobby’s. Si tratta quindi di una sorta di specializzazione che ci consente, non solo di dare al cliente grossista un panorama di selezione dei prodotti che è un po’ più completo, ma anche di conoscere meglio il mercato e di comprendere meglio le esigenze del nostro cliente distributore locale, supportandolo nella scelta dei prodotti. Ciò ci consente anche di avere un ruolo un po’ meno passivo tramite una maggiore interazione con i clienti».

Carlo Simbula presenta Hermite a Milano Mixology Experience

Carlo Simbula presenta Hermite a Milano Mixology Experience

Cosa ne pensi di Rete Distributori Horeca?

«Quella di RDH secondo me è una missione che si compie nell’interesse della categoria. Non vedendo sostenuto l’interesse dei distributori, infatti, c’era bisogno di una missione “sociale” e super partes, in cui si mettono da parte gli interessi personali, agendo nell’interesse della categoria e per il bene comune. Credo che Rete Distributori Horeca possa portare avanti gli interessi della categoria anche nei confronti delle istituzioni e far capire che anche questo settore esiste, dà lavoro a tante persone e deve quotidianamente superare una serie di difficoltà e complicazioni, a partire dalla consegna della merce ai clienti. A differenza dell’industria, infatti, i commercianti non hanno la stessa attenzione e considerazione. Occorre quindi un’associazione di categoria che porti avanti questa missione, creando un dialogo continuo e sempre più stretto con le istituzioni».

Quale consiglio o suggerimento vorresti dare alla Rete affinché possa avere maggiore successo?

«Bisognerebbe fare in modo che la nostra categoria riesca a farsi conoscere di più dall’industria, e che RDH ci aiuti a trovare un canale di comunicazione per favorire il dialogo tra di noi. Quindi, in sintesi, occorrerebbe valorizzare la nostra categoria agli occhi dell’industria e delle istituzioni».

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