Alcuni elementi fondamentali determinano il livello di efficacia del feedback in vista dell’obiettivo finale
di Dario Bussolin
Nell’ultimo articolo abbiamo introdotto il feedback come strumento di comunicazione che, se utilizzato con metodo e consapevolezza, consente al manager di costruire una relazione di fiducia con i propri collaboratori alimentando processi comunicativi virtuosi. Naturalmente questo vale anche per numerose altre situazioni: può essere il collaboratore a voler condividere un feedback con un suo manager o responsabile, così come due persone di uno stesso team.
COSA RENDE EFFICACE IL FEEDBACK?
I motivi per cui decidiamo di dare un feedback possono essere molteplici ma, al di là delle specifiche finalità per cui decidiamo di ricorrervi, ci sono alcuni elementi comuni a cui è importante prestare attenzione per far sì che il feedback possa risultare efficace. Innanzitutto, la relazione: un feedback efficace si colloca all’interno di una relazione professionale basata sulla fiducia reciproca; in caso contrario, il rischio che corriamo è che il feedback e il suo contenuto siano male interpretati, oppure che la non conoscenza dell’altro ci porti a toccare le corde sbagliate. Dopo aver riflettuto sulla relazione, il passo successivo è riflettere sul perché vogliamo dare un feedback; non tanto in termini di obiettivo – quello sarà il prossimo passaggio – quanto rispetto alle emozioni che stiamo provando. Se siamo arrabbiati perché è stato commesso un errore e vogliamo condividere immediatamente tutta la nostra frustrazione e preoccupazione per le conseguenze… ecco forse non è un momento adatto. Rischieremmo di non rispettare molte delle indicazioni che seguono, causando ancora più danni.
OBIETTIVO DEL FEEDBACK
Come abbiamo anticipato, un feedback va pensato e preparato, a partire dalla definizione di un obiettivo preciso. Collocato all’interno di una relazione professionale solida e condiviso in un momento adeguato anche dal punto di vista emotivo, questo strumento consente di agire per modificare, correggere o rinforzare dei comportamenti target. Quali sono? A seguito di quali eventi? Con quali aspettative? Rispondere a domande come queste circoscrive il contenuto del nostro feedback, aiutando noi a essere chiari e chi lo riceve a lavorare su pochi ma specifici aspetti.
IL SETTING E IL CONTENUTO
Anche il setting fa parte di una corretta preparazione. È utile trovare un luogo tranquillo e riservato, assicurandosi di avere a disposizione tutto il tempo necessario. Del setting fanno parte anche le altre persone: vietato restituire feedback correttivi in presenza di colleghi, responsabili collaboratori dell’interessato, il rischio di mortificarlo e perdere la sua fiducia è molto elevato. Per quanto riguarda il contenuto del feedback, è importante ricordarci che l’oggetto della modifica o correzione sono i comportamenti, non chi li ha agiti. Questa è la chiave di tutto il processo: se non stiamo sui comportamenti, cadiamo nella logica del giudizio e inneschiamo meccanismi basati sulla colpa e sulla ricerca di un colpevole, mentre il nostro scopo è ben diverso.
MODELLO DI RIFERIMENTO
Un modello a cui possiamo fare riferimento per strutturare il contenuto del feedback, è quello denominato SBI, sviluppato dal Center for Creative Leadership, che prende il suo nome dall’acronimo degli elementi principali su cui concentrarsi per comporre un feedback efficace:
- Situation, situazione: descrivere in modo preciso la situazione a cui si fa riferimento, in modo che il contesto sia chiaro e specifico, sia dal punto di vista del luogo sia del momento e delle persone coinvolte. Ad esempio: «Mercoledì mattina, quando durante il tuo turno stavi predisponendo la merce per la consegna».
- Behavior, comportamento: descrivere il comportamento oggetto del feedback, senza dare interpretazioni o giudizi. Dire: «Ti sei disinteressato del fatto che si fosse accumulata della merce e hai voluto fare di testa tua» o dire «Hai provveduto a posizionare il carico senza chiedere un supporto ai colleghi per la merce in eccesso» non sortisce gli stessi effetti sul nostro interlocutore. Nel primo caso stiamo condividendo una nostra interpretazione del comportamento e stiamo dando un giudizio sulla persona e sulle motivazioni che ne hanno guidato le azioni.
- Impact, impatto: evidenziare le conseguenze e l’impatto che il comportamento in questione ha avuto su di noi personalmente, su altri o sul contesto organizzativo. Rispetto al nostro esempio, potrebbe essere: «Si è accumulata merce che non è stata spedita e i clienti si sono lamentati della mancata consegna».
STEP FINALE
Considerato un feedback così strutturato, lo step finale consiste nel fornire spunti e suggerimenti costruttivi che sostengono il nostro interlocutore nella modifica del comportamento oggetto del feedback. È importante in questa fase fornire pochi spunti ben definiti e in linea con le capacità e competenze dell’interlocutore cui ci stiamo riferendo, per evitare che abbia l’impressione di dover compiere una missione troppo semplice, oppure impossibile.
Tutti gli elementi che abbiamo visto ci aiutano non solo a cercare di strutturare un feedback efficace, ma anche a comprendere la complessità e l’importanza che un momento come questo può ricoprire per una risorsa e per la sua crescita personale e professionale.
Manager della divisione Human Capital del gruppo Aegis Human Consulting Group, Psicologo e Psicoterapeuta in Formazione, Coach, formatore e consulente per le organizzazioni. Da 10 anni collabora con l’Università Cattolica di Milano in progetti di ricerca e supporto alla didattica nel dipartimento di Psicologia. Impegnato nello studiare i processi organizzativi e valorizzare le qualità professionali e personali delle persone, Dario accompagna i professionisti in percorsi di allenamento per consolidare il proprio stile di Leadership, attraverso confronti, metodo, esperienze concrete e tanta passione.