Il taglio in due percentuali è confermato dalla nuova Legge di Bilancio, con una novità assoluta per i lavoratori dipendenti con un reddito lordo annuale fino a 20mila euro
La Legge di Bilancio 2023 ha previsto un taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti con reddito lordo fino a 35mila euro. Una misura necessaria per far riprendere i consumi e contribuire a fronteggiare l’inflazione. Ma a quanto ammonta la riduzione? Qual è il beneficio in termini reali? E l’azienda, può trarre qualche vantaggio?
A QUANTO AMMONTA OGGI?
Nel 2023 gli stipendi dei dipendenti aumenteranno e così anche l’impresa potrà, forse, risparmiare qualche denaro in costo del lavoro. Dal 2023, infatti, il nuovo Governo ha previsto un taglio del cuneo fiscale per i redditi al di sotto di 35mila euro. Un taglio modulato in percentuali in base alla soglia di reddito raggiunta. Il taglio del cuneo fiscale del 2023 non è una novità assoluta. I primi passi, è opportuno dirlo, erano già stati compiuti con la Legge di Bilancio dell’anno scorso, grazie alla quale sono state rimodulate le aliquote Irpef. Con la prossima finanziaria, avremo ulteriori riduzioni del costo del lavoro.
IN COSA CONSISTE?
Il cuneo fiscale, per chi non fosse molto ferrato sulla materia lavoro, è la differenza tra l’importo lordo e quello netto della busta paga di un lavoratore. Dunque, non è altro che la somma complessiva composta da imposte e contributi pagati per erogare quel determinato salario ai dipendenti. Secondo il rapporto Taxing Wages pubblicato a maggio 2021, il cuneo fiscale in Italia è pari al 46,5%, contro una media europea del 41,4%.
La sua composizione è data da:
– circa il 13% del lordo della busta paga da Irpef e addizionali, sia regionali sia comunali;
– 31,2% del lordo sono contributi. Di quest’ultimi:
– il 24% sono a carico dell’impresa, o del datore di lavoro;
– il 7,2% sono a carico del lavoratore.
Nota bene: questa è la regola generale, ma il cuneo fiscale va calcolato da caso a caso in relazione alla specifica situazione del lavoratore.
QUAL È LA PERCENTUALE DAL 2023?
Il taglio della Legge di Bilancio 2023 è previsto in due percentuali che variano in base alla soglia di reddito raggiunto dal lavoratore. Nello specifico, abbiamo una riduzione, o esonero contributivo, del:
– 2% per redditi fino a 35mila euro;
– 3% per redditi fino a 20mila euro.
Sostanzialmente, per i redditi fino a 35mila euro il cambiamento non c’è, perché il taglio era già stato previsto dal precedente Governo. Mentre per i redditi fino a 20mila euro il taglio è una novità assoluta, infatti c’è l’esonero contributivo del 3%.
MA COME SI TRADUCONO QUESTE PERCENTUALI IN NUMERI REALI?
La Fondazione nazionale dei Commercialisti ha fornito una stima in termini numerici per stabilire quanto possa essere l’aumento dei redditi in busta paga. Stando allo studio, per i redditi compresi tra 15mila e 30mila euro l’aumento netto in busta paga varia tra 24 e 45 euro al mese (per 13 mensilità). Mentre, il lordo, sempre su quella fascia di reddito è compreso tra 34 e 69 euro. Sempre dallo studio si evince che la percentuale contributiva a carico del dipendente dovrebbe passare dal 7% al 6,19%. Non un grandissimo vantaggio a favore dei lavoratori, ma molto importante per dare slancio ai consumi e riuscire a pagare le bollette energetiche. Attenzione, però! La riduzione della percentuale contributiva, è bene saperlo, non va a incidere sul calcolo delle prestazioni pensionistiche. Il lavoratore ha lo stesso la possibilità di arrivare alla quota necessaria per andare in pensione.
I VANTAGGI PER L’AZIENDA CI SONO?
Il taglio del cuneo fiscale, stando alle disposizioni attuali, non riguarda la contribuzione a carico del datore di lavoro. L’azienda, infatti, non potrebbe trarre un vantaggio importante da questa misura. Per l’impresa il costo del lavoro resta uguale: deve sempre versare la propria quota pari al 24%. Dunque, il vantaggio per l’azienda, sostanzialmente, non esiste. Il costo del lavoro e il cuneo fiscale, come visto sopra, sono un fardello per l’economia reale italiana e per le piccole e medie imprese. E la manovra del 2023 non promette una grande riduzione come spesso invocata da Confindustria.
IL WELFARE AZIENDALE
Per questo motivo, per ridurre il costo del lavoro e beneficiare della riduzione della pressione fiscale subita dall’azienda, è possibile utilizzare un ulteriore strumento: il welfare aziendale, che non è altro che una remunerazione da completare alla normale erogazione dello stipendio. Si tratta di distribuire beni e servizi ai lavoratori da parte dell’azienda che effettua gli acquisti. Il vantaggio si traduce nel fatto che l’azienda deduce questi costi e riduce la base imponibile sulla quale viene calcolata la tassazione. Uno strumento di particolare importanza, perché oltre al taglio della pressione fiscale, permette anche di aumentare il benessere all’interno dell’azienda e aumentare la produzione.
Perché non utilizzarlo?